Le ragioni di una battaglia

Mai farsi scoraggiare dai propri insuccessi

Un giornalista de “Il Fatto quotidiano” è venuto a farci visita nella sede nazionale del partito per avere un rendiconto della situazione in cui versano i repubblicani italiani in prossimità del settantesimo anniversario dell’istituzione della Repubblica. Al giovane giornalista de “il Fatto”, Tommaso Rodano, nipote di Franco - il più grande pensatore italiano fra marxismo e cattolicesimo - , vista la situazione attuale del partito, è venuta spontanea la domanda di perché mai continuare una battaglia persa. La risposta che gli è stata data, per la verità era più complessa di quella che pure ha correttamente riportato sulle colonne del suo giornale, esemplificativa di uno stato d’animo. Il partito repubblicano, non si è mai fatto scoraggiare dai suoi insuccessi. Altrimenti avremmo chiuso sotto la dittatura fascista. E’ la stessa condizione del Paese che impone un particolare sacrificio, perché la Repubblica, come noi l’abbiamo conosciuta nel 1948 è stata sfasciata nel 1993 ed ancora non si è ripresa, anzi, ha subito altri colpi gravissimi ed ancora potrebbe continuare a subirne. Quando ascoltiamo lamentarsi esponenti politici dei grandi partiti, dominus della scena nazionale, responsabili delle principali scelte del bipolarismo maggioritario, che si rischia di spaccare il Paese, vorremmo capire cosa credono di aver fatto finora. E’ il sistema maggioritario ad alimentare le spaccature del paese e se non c’è un sentimento nazionale condiviso, si può anche arrivare ad un passo dalla guerra civile. Non è clamoroso solo vedere un governo impegnato direttamente nella riforma costituzionale? Certo che lo è, non fosse che dal 1999 questa è la prassi in uso di tutti i governi con velleità riformatrici. Il sistema maggioritario li convince della loro autosufficienza nell’affrontare una riforma di una Carta elaborata da un’Assemblea Costituente eletta sulla base di una legge proporzionale. In quel modo la Costituzione del 1948 consentì ad una larga maggioranza di italiani di riconoscersi, quando le riforme imposte dal governo al Parlamento disperdono inevitabilmente quel consenso. Un partito come quello repubblicano capace di esercitare un ruolo di cerniera nel secolo scorso, oggi non solo è indispensabile: è fondamentale, perché è l’unico partito in grado di valutare i margini di tenuta dell’unità nazionale e di difenderli, proprio per non essersi mai fatto parte di una fazione armata contro l’altra, preoccupato solo dell’interesse nazionale. Non c’è niente di drammatico nel voler conformare il sistema bicamerale italiano a quello europeo, che non comprende, salvo in Spagna, senati elettivi, tanto che sia nel 1996 come nel 2001, il Pri aderì a coalizioni che chiedevano il superamento del bicameralismo paritario. E’ drammatico, semmai, un sistema elettorale maggioritario che indispone i suoi stessi proponenti, come si comprende dalle prese di posizioni che vengono dal Pd e dalle fluttuazioni nelle alleanze di Forza Italia. Un maggioritario ancora più risoluto non risolverà i problemi della stabilità di governo. Rischia solo di accentuare il confronto con un populismo antieuropeista di ritorno e magari di perderlo.

Roma, 25 maggio 2016